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Società a carattere familiare e passaggio generazionale – caso pratico

Anche l’articolo di oggi prende lo spunto dalla vita reale. Sarà capitato anche a chi legge affrontare decine di volte nel corso della propria carriera il problema del passaggio generazionale all’interno di una azienda. E’ una posizione molto scomoda per chi viene investito in questo delicato compito di dipanare la complessa matassa che vede da un lato l’imprenditore che ha costituito un’impresa a carattere prettamente familiare, e dall’altro le giovani leve che non vedono l’ora che di affrontare il passaggio generazionale. In Italia infatti, come ben saprete, circa il 70% delle imprese con un fatturato compreso tra 500.000 euro e 5.000.000 di euro è a carattere familiare. Spesso in queste aziende il leader ( normalmente il capofamiglia ) ha costituito moltissimo tempo fa l’azienda e l’ha condotta verso traguardi di tutto rispetto. Nel frattempo ha fatto studiare i figli, che tornati alla base con una laurea – ed a volte anche un Master – sono vogliosi ed ambiziosi di portare in azienda le conoscenze apprese nel corso degli studi.

E normalmente i primi dissapori nascono in questa fase.

Il leader, forte della sua esperienza e dei risultati conseguiti è molto diffidente verso tutte le novità che gli vengono proposte, ma di contro pur volendo procrastinare  al futuro questa decisione sa che prima o poi dovrà pur prenderla. Di contro i figli, giovani, con un percorso universitario alle spalle e animati dal “sacro furore giovanile” non vedono l’ora di dimostrare al leader le loro capacità.

In queste occasioni, quando vengo chiamato a fare da “intermediario” in queste situazioni cerco sempre di spostare l’attenzione del problema dalla semplice conduzione dell’azienda, al problema reale del passaggio generazionale: la credibilità dell’azienda nel suo assetto futuro e la reale capacità imprenditoriale delle nuove leve.

Infatti quando l’impresa è di fatto gestita a livello familiare bisogna fare attenzione ai contraccolpi del processo relativo al passaggio generazionale. Uscendo di scena il vecchio leader, non è assolutamente scontato che le banche, i fornitori, i clienti e i dipendenti, accolgano con favore questa notizia.

Ognuno di questi interpreti della vita aziendale, ha instaurato con il vecchio leader, nel corso degli anni: accodi, garanzie, fidejussioni e rapporti umani. Quando all’orizzonte si paventa il passaggio del testimone, questi soggetti  non sanno se tutto verrà rimesso in discussione. Tutti vogliono certezze per il futuro e tutti vogliono esclusivamente che l’azienda sia condotta bene.

Altro aspetto che bisogna tenere in ovvia considerazione e quello della reale capacità dei figli o dei nipoti a fare gli imprenditori. Spesso il vecchio leader culla dentro di se la speranza di passare il testimone ad uno o più figli o addirittura ai nipoti, senza oggettivamente rendersi conto delle reali capacità dei soggetti a ricoprire questo delicato ruolo. Per lui va solo bene che la conduzione e la proprietà dell’azienda resti in famiglia !

Devo dirvi che spesso e volentieri sono questioni difficilissime da dipanare, nelle quali il Consulente ( fiscale o giuridico ) non vuole entrare, perché comunque il suo Cliente è l’azienda, indipendentemente dalla proprietà.  Peraltro sa che in gioco, oltre all’azienda ci sono gli affetti della famiglia dell’imprenditore e che anche il più piccolo passo falso potrà pregiudicare la  permanenza del suo incarico.

E’ ovvio che se il passaggio generazionale andrà in porto senza particolari sussulti, interni ed esterni, sarà il Consulente il primo a compiacersene, in quanto avrà mantenuto il Cliente e avrà fatto un ottimo lavoro, ma se invece il passaggio generazionale verrà fatto con grandi dissapori, a volte anche con l’intervento dei Tribunali, il Cliente potrà avere seri problemi e sarà ovviamente compromesso.

Poco più di un anno fa, ho dovuto affrontare una questione delicata, proprio in tema di passaggio generazionale. La storia più o meno è la stessa che tante volte avete affrontato.

C’era un imprenditore “Vecchio stampo”,  che aveva tirato a suon di sacrifici e di grande spirito imprenditoriale una bella realtà fin dagli anni ’70, ed un giovane figlio di 27 anni fresco di laurea + Master, conseguiti in una prestigiosa Università del Nord Italia, pieno di ambizioni e di voglia di dimostrare al papà che era pronto a gestire l’impresa.

Conosco e lavoro con il papà – imprenditore da diversi decenni, e ho visto la sua azienda crescere e crescere bene. Non vi nascondo che nutrivo ( a quell’epoca ) dei ragionevoli dubbi, circa le reali capacità del ragazzo. Troppa teoria ma sopratutto zero pratica !

Dopo diversi colloqui con il papà, nei quali mi confidava le sue perplessità circa le reali competenze del figlio, decidemmo di comune accordo ( con tanto di grosse risate finali ) di organizzare un piccolo stratagemma, per testare le reali capacità del ragazzo.

D’accordo con i direttori delle Banche che, autorizzarono dei grossi prelievi, immediatamente trasferiti nelle cassette di sicurezza delle banche stesse e con il responsabile interno dell’Amministrazione, che variò i dati del bilancio di verifica interno, inscenammo una vera e propria crisi aziendale, chiamando il ragazzo in aiuto.

Ovviamente il ragazzo non vedeva l’ora di essere coinvolto in azienda a livello amministrativo e decisionale ( aveva iniziato ad occuparsi del processo produttivo ) ed ovviamente sgranò immediatamente gli occhi quando vide le risultanze del bilancio di verifica interno e sopratutto i saldi dei conti bancari.

A quel punto, chiedemmo a lui un parere su come affrontare quella crisi, ma vedevamo il suo terrore davanti quei numeri impietosi. Tutto il mondo gli crollava addosso. Le sue certezze venivano meno.

Ovviamente la sua ricetta per affrontare la crisi, prevedeva il salvataggio del suo stipendio, della macchina aziendale ( Audi A6 ) e dei suoi rimborsi -spesa ( faceva un buon uso della carta di credito aziendale per spese private ). Di contro, chiaramente prevedeva il licenziamento di una ventina dipendenti, oltre alla rinegoziazione di alcuni contratti di fornitura e un’allargamento delle esposizioni bancarie.

Avendo l’accordo con il padre, io invece dissi nel corso della riunione, che il licenziamento dei dipendenti non avrebbe potuto garantire la produttività ai livelli standard e che occorreva fare i conti con le commesse in corso e gli ordini futuri. Inoltre, una richiesta di ulteriori fidi avrebbe insospettito le banche che avrebbero potuto richiederci il rientro dei fidi già accordati. Proposi quindi. la possibilità di ricorrere ad un socio esterno che fosse seriamente interessato ad investire in quel settore, disponibile a prendere almeno il 50% dell’azienda.  Vi lascio immaginare la faccia del ragazzo..

Certo, con un socio esterno, lui non sarebbe potuto più arrivare in azienda alle 9,30 del mattino invece che alle 8,00. Non avrebbe più potuto presentare rimborsi spesa “allegri” e sopratutto non avrebbe più potuto girare in azienda con l’atteggiamento dell’ ” erede al trono “.

Alla fine, vista la mia proposta, le insistenze del padre e il parere del responsabile amministrativo dell’azienda, con molta riluttanza accettò di fare l’operazione. Il CdA familiare mi diede quindi l’incarico di trovare un investitore.

Investitore che chiaramente non fu trovato mai.

Il padre però, capii di che pasta era fatta il figlio, quando lo stesso, spontaneamente gli disse, dopo qualche giorno, che era disposto a ridursi lo stipendio del 30%,  rinunciare all’auto aziendale, chiudendo anticipatamente il leasing, restituendo la carta di credito aziendale e iniziando a presentarsi in azienda alle 8 del mattino.

Piano, piano il padre incominciò a versare sui conti bancari i prelievi fatti e il direttore amministrativo aggiustò i conti aziendali. Nel giro di qualche mese, tutto tornò alla normalità..

E’ una favola a lieto fine, ma la morale è che se l’imprenditore non avesse messo in piedi questa “sceneggiata”, con ogni probabilità il ragazzo non avrebbe imparato la lezione ed oggi quell’azienda probabilmente sarebbe in grande crisi se non addirittura scomparsa.

Saper gestire nel modo più corretto il momento del passaggio generazionale è di fondamentale importanza, sia per assicurare la continuità e sia per lo sviluppo dell’impresa stessa. Occorre pianificazione e tempo, per non farsi trovare impreparati quando arriverà il momento.

Occorre  affidarsi a professionisti qualificati e di fiducia, che sappiano capire e gestire i contesti psicologici ed i profili emozionali dei singoli, e contestualmente sappiano pilotare l’azienda verso un passaggio graduale che non crei traumi nei stakeholders.

Ricordatevi quindi per gestire al meglio il delicato momento del passaggio generazionale, affidatevi a dei Professionisti competenti, anche affiancati dal vostro Professionista di fiducia.

Questo articolo fornisce informazioni di carattere generale e non sostituisce la consulenza personalizzata. Come DIKE Consulting ci adoperiamo insieme ai nostri partners internazionali a fornire sempre ai nostri Clienti le migliori soluzioni in tema di fiscalità internazionale, ma è chiaro che le norme cambiano e al loro cambiare il Cliente deve essere pronto a variare la propria strategia. Le variabili di ogni singolo caso devono essere analizzate da un consulente specializzato in fiscalità internazionale, per evitare di incorrere in reati tributari e multe salatissime.

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Gianfranco Conti è iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti dal 1991. E' Revisore Legale presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Blogger, pubblicista ed autore del libro "ESTERO SICURO". E' componente del Direttivo della Camera di Commercio Italiana in Albania ed accreditato presso diverse Camere di Commercio italiane all'estero (Emirati Arabi Uniti, Cipro). Relatore in convegni e seminari sull'internazionalizzazione d'impresa e pianificazione fiscale internazionale. Nel corso della sua vita professionale è stato Amministratore Unico di diverse società, membro di CdA di aziende a carattere nazionale ed internazionale. Ha una lunga esperienza di commercio e di fiscalità internazionale, Tax planning e mediazione internazionale. Da oltre 20 anni ha fondato Dike Consulting, un network di studi professionali con 5 sedi ( Praga,Tirana, Malta, Dubai e Pogdorica) e numerose collaborazioni con prestigiosi studi professionali nel mondo. Dike Consulting, assiste i Clienti esercitando le seguenti attività : - pianificazione fiscale internazionale per liberi professionisti, imprenditori ed imprese con relativa costituzione di società e veicoli giuridici - gestione dei diritti di proprietà intellettuale; - rappresentanza in trattative di natura commerciale, in Italia ed all'Estero; - costituzione di Fondazioni di diritto italiano ed estero; - assunzione di cariche sociali di Società e Fondazioni - amministrazioni di Trust con funzioni di Protector; - Intermediazione internazionale per l'acquisto o la vendita di prodotti o servizi; - delocalizzazione e trasferimento di imprese italiane all'estero; - servizi di Temporary Manager sia in Italia che all'estero per le aziende nostre Clienti - collaborazioni con primarie strutture finanziarie e bancarie

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