Elusione vs Evasione – Differenze
Come più volte abbiamo avuto modo di ribadire i due concetti di elusione e di evasione, seppur a prima vista, per i non addetti ai lavori, possono sembrare simili nella terminologia, in realtà sono profondamente diversi nel loro significato.
Quindi, visto che i due concetti spesso, nelle conversazioni tra i non addetti ai lavori si confondono, scopo di questo articolo è di spiegarne il significato e la differenza
Il concetto di evasione fiscale si lega a quello di elusione fiscale solo per effetto della riqualificazione dell’operazione posta in essere dal contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza in sede di accertamento fiscale o di contenzioso tributario.
Elusione Fiscale ed Evasione Fiscale: è netta la differenza per il Fisco
Prima di tutto facciamo una distinzione tra elusione fiscale ed evasione fiscale che consiste sinteticamente la prima (elusione) nell’aver posto in essere un’operazione che sfruttando il sistema delle norme a livello nazionale ed internazionale permette di conseguire dei legittimi vantaggi in termini di abbassamento delle tasse o delle imposte, azzeramento del reddito imponibile, recupero di imposta mediante rimborsi e simili, mentre le seconde (evasioni) sono operazione inquadrate nell’ambito di un disegno fraudolento volto alla sottrazione di materia imponibile ai danni dello Stato.
Quindi nell’evasione, emerge chiaramente il concetto di dolo ed il ricorso a strumenti che, al contrario dell’elusione che usa le norme, qui sono illeciti. Le sanzioni penali nel diritto tributario sono conseguenze di comportamenti considerati illeciti dal Fisco e particolarmente gravi, a cui il legislatore ha deciso di reagire con pene più severe che prevedono i reati penali.
Oggi l’elusione fiscale è argomento molto dibattuto per via del sempre più frequente ricorso, da parte dell’Amministrazione Finanziaria del concetto di “abuso del diritto”. Questo perché, purtroppo, l’onere della prova si è sempre più spostato dal Fisco al contribuente e quest’ultimo sarà colui che dovrà dimostrare, carte alla mano, di non rientrare nel disegno evasivo costruito dall’Agenzia delle Entrate intorno ad una manovra economica messa in piedi dall’imprenditore al fine di ottenere vantaggi economici.
Il concetto di “abuso del diritto” , viene ovviamente visto ed interpretato, dai contribuenti, come l’eccessivo potere dell’Amministrazione Finanziaria di imporre le proprie stime o le proprie ricostruzioni attraverso voli pindarici e presunzioni semplici dell’imponibile fiscale senza dover provare troppo approfonditamente poi la veridicità e la fondatezza delle sue accuse. Mentre per l’Amministrazione Finanziaria, assume la valenza di ” ciambella di salvataggio” quando non riuscendo a provare le proprie tesi si aggrappa alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria Civile del 13 maggio 2009 n.10981, che ha affermato: “il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge stessa, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione”.
Ovviamente, la maggior parte degli addetti ai lavori non sono d’accordo.
D’altra parte non si può dimenticare quanto affermato dall’Avvocato Generale nella ormai celeberrima sentenza Halifax: “La legge non impone di gestire un affare nel modo che assicuri allo Stato il maggior gettito fiscale”.
Per evitare che le scelte del contribuente siano interpretate come elusive dall’Amministrazione Finanziaria, è consigliabile ricorrere all’interpello antielusivo.
L’interpello antielusivo è uno strumento che permette di richiedere la preventiva accettazione di un’operazione finanziaria o economica o societaria, per avere poi “l’autorizzazione” ed operare in relativa tranquillità.
Ci pare superfluo sottolineare come questi strumenti debbano essere predisposti da autentici professionisti esperti del settore.
Questo articolo fornisce informazioni di carattere generale e non sostituisce la consulenza personalizzata. Come DIKE Consulting ci adoperiamo insieme ai nostri partners internazionali a fornire sempre ai nostri Clienti le migliori soluzioni in tema di fiscalità internazionale, ma è chiaro che le norme cambiano e al loro cambiare il Cliente deve essere pronto a variare la propria strategia. Le variabili di ogni singolo caso devono essere analizzate da un consulente specializzato in fiscalità internazionale, per evitare di incorrere in reati tributari e multe salatissime.
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